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Testi / Città ostaggio

Testo di approfondimento


Titolo: Città ostaggio

Tipologia opera: installazione
Anno di esecuzione: 2006

Dimensioni: diametro massimo installazione modulare a terra cm 110, altezza cm 26; diametro massimo parte sospesa o posta in verticale cm 132, spessore massimo mm 18,  mm 3 nel bordo.

Tecnica e materiali:
-installazione modulare a terra: 24 moduli in carta in formato di quarto di segnatura, trattata con gesso, polvere di pietra grezza, cemento rapido, idropittura al quarzo rossa, acrilici e smalti rossi con sabbia e mastice vinilico;
-installazione sospesa o posta in verticale: multistrato in pioppo trattato con gesso, polvere di pietra grezza, cemento rapido, idropittura al quarzo rossa, acrilici e smalti rossi con sabbia e mastice vinilico.

Concetto, poetica:
L'installazione nasce dall'accostamento di 24 moduli, 16 ad angolo retto, 8 ad angolo acuto, studiati in modo tale da comporre una struttura con ordine esatto, una geometria tangibile, perfetta e imperfetta allo stesso tempo, fatta delle piccole imprecisioni  e specificità dei singoli moduli materici, intesi simbolicamente come elementi comunicativi sociali. Per la composizione, che si sviluppa a partire dal centro, ho tratto ispirazione da diagrammi di rappresentazione simbolica utilizzati nella cartografia ideografica per lo studio di fenomeni sociali legati al territorio.

In modo specifico mi hanno interessato le costruzioni simboliche a coordinate polari che studiano i fattori di coesione e dissociazione nel territorio urbano (vedi Paolo Guidicini, Manuale per le ricerche sociali sul territorio, ed.FrancoAngeli). L'installazione viene costruita pezzo per pezzo come una sorta di mandala il cui centro, per esigenze strutturali e compositive esatte, è vuoto e questo mi è sembrato significativo. Vuoti sono anche gli spazi chiusi che si vengono a determinare tra i moduli... esiste rigidità comunicativa tra gli spazi che si determinano a "compartimenti stagni", come se la "comunicazione" tra i moduli fosse ripetitivamente chiusa nonostante l'armonia estetica dell'ordine compositivo.

Ho voluto inoltre che i moduli avessero un un movimento materico nelle loro superfici in modo da scalfire la rigidità della struttura connotandola anche (nella scelta del materiale di base che è la carta) di una certa fragilità. Guardando dall'alto la struttura, mi ha colpito la sintesi che l'occhio opera nel percepirne i contorni e la sua forma unitaria, vista come un'astrazione, che è piatta e solo parzialmente rappresentativa della struttura tanto quanto lo sono i diagrammi e le statistiche per la reale società. Ho deciso di mettere in dialogo struttura e astrazione formale in uno spazio altro rispetto a quello chiuso nella composizione a terra, un nuovo spazio, osservabile da un altro punto di vista.

Tutto ciò ha stimolato una serie di sensazioni che sono collegate in parte ad alcuni aspetti dell'esperienza moderna e contemporanea della città, esperienza mia personale e sociale in senso più ampio, come ad esempio la percezione di fobie, alienazioni e solitudini, tensioni, esasperazioni, varie condizioni umane del cittadino che si trova inserito in un contesto strutturato e iperattivo.

A gennaio ho visitato la mostra "Informale" presso il Foro Boario di Modena, una delle opere che più mi ha coinvolto e stimolato è stata "Città ostaggio" di Emilio Vedova, 1954.

Lo stesso titolo "Città ostaggio" mi ha colpito molto perché mi sembra che si sia caricato, in questi anni, di nuove valenze tutte contemporanee e non ho potuto fare a meno di "rubare significativamente" questo titolo per la mia recente ricerca installativa. Oggi più che mai capita di percepire la città stessa nella sua fragilità, priva di intimità, offendibile "chirurgicamente" e immediatamente, isolabile, tutto ad un tratto insicura, in bilico tra funzionalità ed estetica spesso esasperate, in cui l'imperfezione e il dramma non sono manifestabili, o almeno non troppo, non troppo a lungo...

Per le foto ho voluto collocare l'installazione in un ambiente riferibile ad un contesto degradato urbano, in cui la rovina, il vuoto e la vulnerabilità fossero manifeste accanto alla compiutezza esatta dell'installazione.



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