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Testi /Interno Liquido /


Con Marta Fontana la provvisorietà è “Interno liquido”

Nostalgia di un mondo che non c'è più? O piuttosto celebrazione di quella che il sociologo Zygmunt Bauman chiama “società liquida”? È il nostro mondo con le sue incertezze e attraverso i suoi mutamenti effimeri e provvisori a ispirare Marta Fontana in una mostra (Spazio P sino al 13 novembre) curata da Paolo Gras con testo critico di Bruno Bandini. La Fontana che in altre occasioni ha sperimentato le terre naturali dell'isola di San Pietro, pittura, oggetti - testo con una ricerca intorno al tema della scrittura e della memoria, ora si serve di materiali moderni e tradizionali, colori e buste industriali recuperate in una fabbrica di Este vicino a Padova.

Le appende a dei fili come fossero quadri, le illumina con luci artificiali, le colora e disegna, le sovrappone a strati, l'una sull' altra, le riempie di cuori di plastica, liquido colorato, e ottiene profondità, forme rarefatte, senza calcolare mai un risultato certo come nel trittico Regina mundi . Così, per immaginare tutto in quei quadri non quadri, contenitori di forme che alludono e ci catturano, ci fanno riflettere e ragionare. Si può meditare sul significato delle forme, e pensare di vederci fuochi e tramonti nelle sovrapposizioni di rossi, profondità marine avvolte nel blu profondo, o prati verdi abbacinati dal sole, salvo scoprire che anche la visione è mobile e l'inalterabilità è solo un'illusione.

Un percorso che recupera i simboli di valori antichi (fede, verginità, sentimenti) sotto forma di reliquie, proposte in chiave moderna, anche se il presente, con le sue contraddizioni, il suo fluire instabile, la sua motilità sembra averle smarrite. È questo il senso delle installazioni disposte in sequenza, dove l'autrice, proseguendo una ricerca iniziata qualche anno fa, sperimenta il sottovuoto; ci mette dentro piccoli oggetti di recupero come cuori, santini, immagini di madonne, le tratta con varie strati di colori, segni grafici che a più riprese si ripartono sui vari piani, creando forme, profondità, movimento. Nei materiali, crea sottili trasparenze, corrugamenti con il liquido colorato, con gli interventi di colore, con le led, luci artiche che consentono di avvicinarsi alla plastica senza rovinarla, e di leggere i movimenti della forma mai decisa a priori e che consegue risultati inaspettati.

E se è vero come scrive Bauman che «Il terreno su cui poggiano le nostre prospettive di vita è notoriamente instabile», la Fontana ha scelto l'elemento liquido per rappresentare la nostra società lacerata dal provvisorio. Una società che è tutto, meno che solida, permanente, durevole. È l'oggi del mordi e fuggi, del consumo cannibalesco, della mutazione della forma, dell'inesorabile abbattimento di spazio e tempo, ma anche dei sentimenti effimeri, dell'apparire piuttosto che dell'essere. Eppure la Fontana in questo momento carico di dolore, di vuoto, di totale crisi del senso, sembra cercare certezze, un punto fermo attraverso il recupero di un passato citato per simboli, "reliquie" che appartengono a un tempo che non c'è più. Ma non sa a cosa porterà. Si limita a mostrare l'effimero che esalta attraverso la luce, che fa affiorare dagli opposti, dall'incontro tra materia liquida (colore) e solida (reliquie), interno ed esterno, plastica e acqua. Tutto, in fondo, serve a rendere conto di questo mondo fluttuante, avvolto nella solitudine della globalità. Anche il tempo è quello consumistico degli oggetti e delle relazioni umane; anche l'eternità non esiste, ma l'infinito sì, perché - come scrive Bauman - il presente finché dura può essere esteso oltre ogni limite.

MARIA DOLORES PICCIAU
Articolo sull'Unione Sarda del 31/10/2010



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